L’incontro di due vite

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"L’incontro di due vite" di Maria Teresa Scibona

Conosco Maria Teresa Scibona ormai da qualche anno,  mi sono commosso, divertito, angosciato a leggere le sue liriche, i suoi interventi arguti nei blog, ora impregnati di malinconia,  ora autoironici, frizzanti, soffici e pesanti come nuvole cariche di lacrime. Cara dolce Tessy. Eppure ogni volta riesce a sorprendermi con  libri che sembrano piccoli tesori consegnati alla memoria. Questa donna, minata nel fisico dalla malattia, ha la capacità di rigenerarsi, di assimilare nuova linfa dalle radici della sua straordinaria intelligenza e tramutarla in poesia. Anche questa recente pubblicazione  (L’incontro di due vite, edito dalla Sampognaro&Pupi,  pagg. 72, € 12,00)  ha i toni lirici della poesia d’autore. Un epistolario con Mario Verdone, lo studioso, il grande esperto di cinema che ama il movimento futurista.  Casa li unisce? Come si cementa l’amicizia tra un uomo e una donna così apparentemente distanti?  Goethe le chiamerebbe affinità elettive. Maria Teresa riuscirebbe a scardinare anche i cuori più arcigni. Mario possiede l’umiltà dei grandi, è un buono  sempre in giro per il mondo,  a ricevere premi o per lavoro. Eppure non dimentica la sua amica, si apre, le confida i suoi momenti di malessere, i piccoli incidenti di percorso. Questo libro diventa un documento prezioso che consacra l’incontro tra due spiriti eccelsi.

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  Maria Teresa Santalucia Scibona è poetessa che ha ricevuto numerosi consensi da critici autorevoli,   i suoi interessi spaziano dall’enologia, all’organizzazione di eventi culturali.  E tutti con eccellenti risultati. Di certo è una personalità poliedrica e vitale. L’amore è la sua forza prorompente. Amore per la parola:  “Assorbita dal suo passato/sapienziale vortica/la parola sensitiva/alchemica mistura/di sale zolfo, mercurio…”.  L’amore in senso ampio,  amore per  un’idea, un uomo, un’ amicizia, la sua terra, Dio o amore rivolto a se stessa; tutto ciò pervade la sua scrittura di  ogni  sfumatura della  sconfinata gamma dei sentimenti umani. La sua è poesia come  paziente sedimentazione, poesia  fatta con eleganza e sensibilità e, a volte, anche  con uno  stile duro e diretto; ci  regala attimi di verità ed emozione. Attraverso essa ci conduce per mano accompagnandoci nelle sue  peregrinazioni  creative.

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Salvo Zappulla


Intervista a Maria Teresa Scibona

Maria Teresa, cos’è la Poesia?

L’ enigma poesia nel suo evolversi spazio-temporale, assume diversi aspetti  e  concetti, che si collegano alla personalità dell’autore e all’influenza dei  molteplici agenti culturali, come mode e correnti. Così avviene che elaborazioni che esprimono le stesse tematiche, possono presentare, fra loro vertiginose differenze. A tale proposito sono state coniate suadenti  definizioni. P. Valéry  sosteneva: “La poesia deve essere una festa dell’intelletto”. A mio parere, un‘elegia, come un’opera d’arte, dovrebbe condensare l’essenzialità compositiva. Ossia,  avere come propulsore comune, il raggiungimento di un ‘aulica ed estetica perfezione  di forma e contenuto,  affinché nei  versi anche liberi dalle griglie metriche,  si possa riscontrare suggestive risonanze e un effetto sonoro di musicalità, tale da costituire il sogno di una vita. Ritengo importante una rigorosa scelta lessicale del testo, un’ accurata punteggiatura, ma oltre una esperta elaborazione teorica, mi sembra essenziale che nella lirica, debba trasparire la limpida sincerità del cuore.

Dammi il tuo concetto del Bello.

Il concetto del bello è un elemento molto soggettivo, infatti il mio parere personale, può coincidere o meno, con la bellezza canonica o  rimanere soggiogato dalla bellezza dell’orrido; con la turba tenebrosa , inquietante di esseri grotteschi, e brulicanti, nati dal segno nitido delle incisioni ed acqueforti di Enzo Frascione. In quella “ Allegoria delle passioni”, che evoca il mondo simbolico e ossessivo       di Hieronymus Bosch.

La beltà  per me, deve essere armoniosa, suscitare vibrazioni ed estatica meraviglia, come lo stupore di un  tenue tramonto, la  maestosa grandiosità di inusuali paesaggi del creato, l’architettura ascensionale di una cattedrale gotica, la statuaria  perfezione  di un corpo umano maschile e femminile.

Lo scrittore Thomas Mann soleva dire : “ La bellezza ci può trafiggere come un dolore. ”

Poeti si nasce? O è la vita, gli incidenti di percorso, le buche in cui si cade che ingentiliscono il nostro animo?

Ogni essere umano nasce col  dono di un talento particolare, che è solo suo. Gli artisti ( scrittori,  pittori, musicisti, attori etc.) , oltre ad una innata predisposizione, hanno  notevoli doti intuitive, una spiccata capacità introspettiva, per recepire e catturare, persuasive sensazioni emotive.

Un altro elemento è l’osservazione della realtà che ci circonda, infatti per Hemingway “ La curiosità porta con sé il demone della scrittura.” Poi, le esperienze, i viaggi,  un costante esercizio tecnico,  affineranno i  gusti e lo stile in divenire. Il  grande  poeta riuscirà quindi, con i suoi versi, ad esternare  una varietà sterminata di sentimenti, che si annidano nei tortuosi meandri  dell’animo umano. Essi rispecchiano la trama intessuta di ognuno, espressa con  l’arma penetrante ed incisiva di alate parole.

Per Gustav Flaubert: “Il vero problema dello scrivere non è tanto di sapere ciò che dobbiamo mettere nella pagina, ma ciò che dobbiamo togliere.”

Il futuro scrittore perciò, prima del suo esordio, dovrebbe incentivare l’estro creativo, esplorando con certosina pazienza,  il mondo degli autori,  assimilando lo stile smagliante di letterati del passato e contemporanei. Ciascuno di loro, dotato di etica professionale, nel proprio  percorso formativo, ha maturato una  salda padronanza della scrittura, una coscienza critica, un formidabile mestiere e un intenso fascino, tale da catturare i fruitori. Pur di ottenere un più ampio e indiscusso risultato, ogni autore si avvale del suo tipico linguaggio evocativo, di una personale strategia, atta a produrre un osmotico e indissolubile legame affettivo col  suo lettore. Nelle arti visive, si pensi ad esempio, ai trucchi ottici prodotti dagli specchi, che l’insuperabile Caravaggio usava, per  proiettare sulla tela,  i suoi giochi di luce ed ombre e  rendere  più realistici i dettagli delle stupende immagini.

Di sicuro, – gli incidenti di percorso – come il mistero della morte, le crude malattie, col loro fitto reticolo di incontenibili dolori, sgomenti, fragilità, subdole ansie, debolezze,  forgiano l’animo dell’autore. L’americano William Faulkner fa sentenziare ad un suo personaggio: “ Tra il  dolore e il nulla scelgo il dolore”, la cui valenza salvifica, almeno per me, non sarebbe  comprensibile, se non mediata dalla fede. Il poeta Mario Luzi, sorretto dalla propria etica-religiosa, di fronte alle negative vicende della vita e del mondo, incitava a non perdere mai la speranza e soleva dirci : “ La corda della disperazione non è mia”. Condivido il monito positivo, che avallo e faccio mio. Infatti, considero lo scrivere, un effetto rasserenante e terapeutico.

Dopo la mia invalidante malattia, il valore semantico e visionario delle parole, mi ha aperto un varco di sconfinati orizzonti e attraverso la scrittura potevo riappropriarmi di una nuova trama parallela.

Salvo Zappulla

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